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Green pass nel settore privato: quali responsabilità per l’impresa ai sensi del D.lgs. 231/01 e qual

Green pass nel settore privato: quali responsabilità per l’impresa ai sensi del D.lgs. 231/01 e quali per il datore di lavoro?

Green pass nel settore privato: quali responsabilità per l’impresa ai sensi del D.lgs. 231/01 e quali per il datore di lavoro?

Nell’attuale contesto di ripartenza delle attività sociali ed economiche occorre garantire, attraverso procedure di contrasto alla diffusione del Covid, adeguate condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro. Nonostante l'emergenza sanitaria sia tuttora in corso, il rispetto delle norme anti-contagio può consentire alle imprese di ripartire ma in sicurezza.

In data 6 aprile 2021 è stato, quindi, sottoscritto l’oramai noto “Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro”, che aggiorna e rinnova le indicazioni contenute nei Protocolli del 14 marzo e del 24 aprile dello scorso anno, alla luce delle disposizioni normative intervenute nel tempo con i vari provvedimenti adottati dal Governo. Le novità contenute nel Protocollo suddetto hanno reso necessario l’adeguamento della check-list dei controlli effettuati dagli ispettori del lavoro dell’INAL, diffusa, nella versione aggiornata, in data 9 aprile 2021 con nota n. 2181. In particolare le attività di verifica ivi contenute si concentrano sulle modalità di attuazione, da parte dei datori di lavoro, delle procedure organizzative e gestionali prescritte dalle nuove misure di contenimento, le quali seguono la logica della prevenzione ed attuano le prescrizioni del Legislatore e le indicazioni dell’Autorità sanitaria, da integrare con altre equivalenti o più incisive, secondo le peculiarità della propria organizzazione, previa consultazione delle rappresentanze sindacali aziendali, al fine di tutelare la salute delle persone presenti all’interno dell’azienda e garantire la salubrità dell’ambiente di lavoro.  

In questo contesto sono stati ampiamente attenzionati i profili di potenziale responsabilità penale dei datori di lavoro e della responsabilità amministrativa degli Enti ai sensi del d.lgs. n. 231/01, temi che tornano ad essere centrali a seguito dell’emanazione del DL n.127/2021 che, intervenendo sul DL n. 52/2021, estende ulteriormente l’ambito di applicazione dell’obbligo di certificazione verde COVID-19, c.d. “green pass”, al mondo del lavoro pubblico e privato.

Di particolare interesse per le imprese è l’estensione dell’obbligo di green pass ai lavoratori del settore privato così come previsto dall’art. 9-septies nel DL n. 52/2021 introdotto con l’art. 3 del DL n. 127/2021. Nello specifico, per effetto di tale disposizione, entro il 15 ottobre 2021, il datore di lavoro dovrà adottare delle misure organizzative volte a verificare che il lavoratore sia in possesso di green pass e nominare, a tal fine, con apposito atto formale, il soggetto incaricato a dette verifiche. Allo stato, dalla norma si evince che le verifiche potranno essere svolte “anche a campione”, effettuando i controlli, ove possibile, al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro (la norma, quindi, sembrerebbe lasciare la possibilità ai datori di lavoro di svolgere i controlli anche in un momento successivo all’ingresso del lavoratore). Tali prescrizioni, una volta divenute efficaci, assumeranno un valore cogente per i datori di lavoro, trattandosi di prescrizioni rispetto alle quali non appare consentita alcuna valutazione discrezionale. Non risulta esservi, allo stato, alcun riferimento né ad obblighi di informazione e di condivisione sindacale né al Protocollo sicurezza anti-Covid menzionato.

Ciò premesso, dato tale nuovo scenario, quale potrà essere l’incidenza del contagio da Covid-19 di un dipendente rispetto ad una potenziale responsabilità sia penale del datore di lavoro, che amministrativa della stessa impresa ai sensi del d.lgs. n. 231/01?

L’omesso controllo sul possesso del green pass costituirebbe per il datore di lavoro una violazione dei propri obblighi connessi alla corretta applicazione delle misure di sicurezza necessarie a garantire e tutelare la salute e sicurezza dei lavoratori, con possibili gravose conseguenze anche sul piano penale. Infatti, in forza della posizione di garanzia del titolare dell’impresa - che trova la sua fonte nelle disposizioni del d.lgs. n. 81/08 (artt. 17, 18, 55 e 282), oltre che nell’art. 2087 c.c. – sullo stesso grava l’obbligo giuridico di adottare tutte le misure necessarie, secondo la miglior scienza ed esperienza del momento, ad impedire il verificarsi di eventi dannosi (gli “infortuni”) per la salute e sicurezza dei prestatori di lavoro. Pertanto, attraverso il criterio di imputazione dell’art. 40, comma 2, c.p., nel caso in cui un lavoratore contragga il Covid-19 a causa dell’omessa adozione delle “nuove” cautele tipizzate, relative al controllo del green pass (oltre che, in generale, alla disciplina emergenziale ed ai Protocolli condivisi), al datore di lavoro potrebbe essere contestato il reato di lesioni personali colpose (art. 590 c.p.) ovvero, in caso di decesso dovuto al virus, il reato di omicidio colposo ex art. 589 c.p., entrambi aggravati dalla violazione delle disposizioni del d.lgs. n. 81/08.

Fermo quanto sopra, laddove fosse riscontrata la violazione di una regola cautelare (verifica del possesso del green pass e adozione di modalità organizzative adottate ed attuate a tal fine), è comunque fondamentale accertare il nesso di causalità tra detta violazione e l’evento dannoso verificatosi, vale a dire la malattia o il decesso del lavoratore. Dovrebbe, cioè, essere dimostrato, in ogni caso, che il contagio sia avvenuto (a) nell’ambiente di lavoro - e non, ad esempio, presso il proprio domicilio o, ancora, nell’ambito della propria vita privata o sociale - e (b) proprio a causa della mancata adozione della misura di prevenzione in esame da parte del datore di lavoro. Il momento del contagio potrà infatti definire anche la regola cautelare che funge da parametro di valutazione della condotta del datore di lavoro sotto il profilo soggettivo: poiché la responsabilità colposa del datore di lavoro richiede l’accertamento della prevedibilità ed evitabilità in concreto dell’evento, sarà necessario dimostrare che, al momento della condotta, il datore di lavoro fosse nelle condizioni di prevedere che l’omessa adozione della cautela anti-contagio avrebbe potuto cagionare una situazione di danno, nonché che quest’ultima sarebbe stata evitata se fossero state predisposte tutte le misure necessarie secondo la scienza ed esperienza del momento.

Peraltro è bene ricordare che ad escludere la prevedibilità dell’evento dannoso (ed anche, in vero, già del nesso di causalità tra condotta antigiuridica ed evento) può assumere rilievo la condotta inosservante del lavoratore contagiato, nell’ipotesi in cui quest’ultimo eluda o violi la misura precauzionale e le modalità organizzative e di controllo assunte dal datore di lavoro. Lo stesso Decreto-legge, infatti, richiede che il lavoratore partecipi con diligenza al nuovo meccanismo e prevede che chi si presenti senza green pass e lo dichiari debba essere considerato assente ingiustificato sino alla presentazione del certificato verde e, durante l’assenza, non abbia diritto ad alcuna retribuzione; in ogni caso, precisa il decreto, “senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro”. Diversamente, per il lavoratore che non sia in possesso del green pass e non lo dichiari, venendo dunque sorpreso nel luogo di lavoro privo della carta verde, è prevista una sanzione amministrativa da € 600 ad € 1.500, che potrà in questo caso essere accompagnata da provvedimenti disciplinari.

Ne deriva che la corretta gestione aziendale del rischio biologico relativo al Covid-19 non coinvolge solo il datore di lavoro che, quale soggetto garante, è investito da obblighi di protezione nei confronti dei dipendenti e collaboratori, ma richiede anche la collaborazione responsabile dei lavoratori che, in ossequio all’art. 20 del d.lgs. n. 81/2008, sono chiamati a contribuire, insieme al datore di lavoro, al rispetto di adeguate misure antinfortunistiche (in questo caso, possesso del green pass).

Alla predetta potenziale responsabilità penale del datore di lavoro, persona fisica, si potrebbe altresì affiancare quella “etichettata” come amministrativa (di fatto, penale) dell’ente/azienda, per i reati commessi al suo interno, anche allorché il reo non venga esattamente identificato, proprio ad evidenziare la natura distinta della responsabilità della persona giuridica.

In primo luogo, affinché l’impresa possa essere riconosciuta responsabile è necessario che il reato accertato rientri nell’elenco dei c.d. reati presupposto. Sul punto, la malattia conseguente al contagio da Covid-19 è stata qualificata dal Decreto “Cura Italia” come “infortunio sul lavoro”, qualora sia stata contratta nell’adempimento delle mansioni lavorative. Ciò significa che troverebbero applicazione gli artt. 590 c.p. e 589 c.p. sopra menzionati, aggravati dalla violazione delle norme di prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro, in quanto entrambi rientrano nelle fattispecie di “reato presupposto” di cui all’art. 25-septies del D.lgs. 231/01.

In secondo luogo, ai fini della configurabilità della responsabilità dell’ente/azienda, è necessario che sussista un “interesse o vantaggio” dell’ente stesso, correlato alla commissione del reato. Laddove il contagio da Covid-19 sia dovuto ad una carenza di precauzioni da parte del datore di lavoro, da cui sia derivato un risparmio, può quindi ritenersi sussistente l’interesse o il vantaggio per l’ente/azienda.

Ne consegue la necessità di un ulteriore cambio di paradigma per il datore di lavoro, il quale dovrà aggiornare il proprio Modello di gestione, organizzazione e controllo ai sensi del d.lgs. n. 231/01 ovvero dovrà adottarne uno, laddove non ne sia ancora in possesso, al fine di prevedere le misure di prevenzione e contenimento attualmente richieste dall’emergenza sanitaria nonché quelle relative alla sicurezza sui luoghi di lavoro ordinariamente previste dal d.lgs. n. 81/02.08 (riproduzione riservata)

Avv. Cinzia Catrini

18 ottobre 2021

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